Le
nuove tecnologie alla base della comunicazione digitale contemporanea
ci fanno credere di essere meno isolati perché sempre
connessi. Si tratta però dell’illusione di una reale
intimità: i nostri profili online esistono in funzione del
numero dei contatti, oggetti inanimati e intercambiabili che
acuiscono il senso di solitudine. Allo stesso tempo si sta
completando il ventaglio dei rapporti possibili con i robot,
dall’ipotesi di affidar loro i propri figli a quella
di farne dei veri e propri partner. Questo è il paradosso
indagato da Sherry Turkle: mentre gli amici in rete sono in
realtà presenze prive di sostanza, molti desiderano, talvolta
disperatamente, attribuire emozioni umane ai robot. Insieme ma
soli è una storia di dissociazione emotiva ma anche di
speranza, perché anche dove la saturazione digitale è
maggiore, molti, soprattutto fra i giovani, si interrogano su cosa
sia davvero il rapporto umano, e chiedono un ritorno a forme più
naturali di dialogo. Alla fine Facebook, il BlackBerry e
l’iPhone ci spingono a ricordare chi siamo veramente: esseri
umani con scopi umani.
Sherry
Turkle, psicologa laureata ad
Harvard, è stata definita l”antropologa del
cyberspazio”. Attualmente insegna sociologia della scienza
al MIT di Boston. Ha all’attivo un elenco sterminato
di pubblicazioni scientifiche, alcuni best seller e molte conferenze
e apparizioni televisive. Dopo Il
secondo io (Frassinelli, 1985) e La
vita sullo schermo (Apogeo, 1997), Insieme
ma soli chiude la “trilogia
computazionale”, l’analisi condotta da Sherry Turkle
sugli effetti psicologici che le tecnologie informatiche hanno
sull’individuo.
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